ALLE ORIGINI DEL CAFFè
l nome caffè deriva da una parola araba, “quhwa”, che in origine identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi, che provocava effetti eccitanti e stimolanti.
Quattro le specie più note sul mercato internazionale: l’Arabica, la Robusta, la Liberica e la Excelsa, ognuna con le proprie peculiarità. Le differenze sono legate principalmente alla provenienza dei chicchi e alla loro tostatura.
Il primo caffè della storia sembra apparire sulla scena a cavallo del 1400 a La Mecca e a Medina, anche se alcuni studi attribuiscono il primo consumo più o meno regolare di caffè allo Yemen e, più precisamente, alla città portuale di Mokha.
Ma, per parlare dei primi “coffee shop”, bisogna saltare un secolo e arrivare al 1554 ad Istanbul, dove naquero le prime caffetterie della storia, chiamate “qahveh” o “khaveh”, dalle quali, probabilmente, l’assonanza con la nostra parola caffè.

In Italia il caffè si affaccia per la prima volta nel 1570 a Venezia (più sensibile alle influenze dall’Oriente), sotto forma di chicchi portati dall’Egitto, inizialmente venduti in farmacia, a costi peraltro molto elevati: circostanza che ne riservava l’accesso e l’uso ai soli ceti abbienti.
Su questa scia il caffè si trasforma anche in Italia in una bevanda per infusione ed apre la strada allaprima “bottega del caffè”, che viene aperta sempre a Venezia nel 1683: tradizione che nel tempo si consolida grazie al “Caffè” più antico d’Italia, il Caffè Florian di Piazza San Marco, fondato nel 1720. Tutto mentre la Chiesa ne aveva contrastato l’esordio, considerando il caffè una bevanda degli “infedeli” musulmani, finchè Papa Clemente VIII diede la sua approvazione e tutto andò normalizzandosi.

IL CAFFÈ ITALIANO, UN SIMBOLO NEL MONDO.

Napoli e la Campania sono i primi consumatori di caffè in Italia, seguiti sul podio da Lazio e Sicilia: patria del “caffè sospeso” (antica usanza filantropica e solidale, con il dono della consumazione di una tazzina a beneficio di uno sconosciuto, diventato anche opera letteraria), Napoli si conquista negli anni il titolo di “miglior caffè” d’Italia, grazie al carattere igroscopico dei chicchi che, nella città partenopea, sono in grado di assorbire meglio l’umidità dall’aria e, gonfiandosi, rendono la loro macinatura più grossa e aromatica.
Napoli, ma non solo, perchè il caffè è un vero e proprio “fenomeno italiano”, atteso che il 97% degli italiani beve caffè con “l’espresso”, che è fatto proprio dall’82% del consumo del Bel Paese, seguito per preferenza dal caffe “lungo”, da quello “doppio” e dal “lungo in tazza grande”.
Da allora per il caffè, a tutte le latitudini del nostro Paese e del mondo, è una straordinaria cavalcata, che l’Italia, tuttavia, sviluppa con una sua precisa connotazione: il caffè, ben presto, diventa “simbolo di italianità” (di piacere, convivialità, relax, energia, life style rigorosamente “made in Italy”), incontrando due città, Trieste e Napoli, che ne diventano fedeli e gelose custodi.
Nello specifico è Napoli che, per antonomasia, viene eletta la “capitale del caffè”, sviluppando un gran numero di torrefazioni – ognuna col suo distintivo tratto di gusto – e passando, nel corso degli anni, dal “metodo alla turca” (di bollitura in acqua di caffè macinato e poi versato in tazza) alla “caffettiera napoletana”, importata dalla Francia ed inventata da uno stagnino parigino.

Gli Italiani, in media, bevono 1,7 TAZZE DI CAFFÈ AL GIORNO, che per i consumatori abituali della bevanda più popolare al mondo si trasformano in 3 o 4 appuntamenti quotidiani: prima mattina, metà mattinata, dopo pranzo e dopo cena.
Un’abitudine che, per i 149.000 BAR ITALIANI, significa una media di 175 CAFFÈ AL GIORNO, ai quali si sommano i “caffè fatti in casa” e quelli consumati sui posti di lavoro, anche con uso di cialde e capsule in progressiva crescita.
Nel 2024 il loro mercato mondiale ha raggiunto quasi 29 MILIARDI DI DOLLARI e per il periodo 2024 – 2029 è previsto un tasso di crescita annuale del 7% in virtù del quale il mercato mondiale potrebbe toccare a fine periodo un valore pari a 40 MILIARDI DI DOLLARI.
Oltre ad importarlo, l’Italia “tosta” all’anno 300 MILIONI DI CHILOGRAMMI DI CAFFÈ, ma da qualche anno è stata avviata una “filiera italiana” del caffè in Sicilia, dove si sta realizzando una produzione di nicchia, che inserisce questo caffè tra i cosiddetti “biofermentati”, come il Kapi Luwak o il Black Ivory da oltre 80 DOLLARI A TAZZA.